
Crisi, Pd: “Si può ancora evitare. Cambio di passo, non di governo”
di Paola Alagia
Mentre non si contano più i giorni da quando Italia viva ha messo in fibrillazione governo e maggioranza e lo spauracchio della crisi non pare allontanarsi, nel Pd l’obiettivo principale a cui si lavora in queste ore rimane quello di “risolvere l’impasse”. Perché, come ha sottolineato, in un’intervista ad Affaritaliani.it, la senatrice dem e presidente della commissione Difesa Roberta Pinotti, “in politica mai nulla è inevitabile”.
Presidente, ma vede anche lei la
“tempesta perfetta” di cui parla oggi Goffredo Bettini?
Oggettivamente Bettini ha indicato la situazione di difficoltà che stiamo
vivendo in Italia, ma l’ha anche inquadrata in un quadro complessivo. Da un
lato, la ferita alla tradizione democratica degli Stati Uniti, dopo quanto
accaduto a Capitol Hill, e dall’altro la fase che sta vivendo l’Europa che è in
attesa di risposte dai Paesi membri, compresa l’Italia, sul Recovery plan, da
consegnare entro febbraio, fanno sì che ci sia bisogno in questo momento di una
guida sicura e certa del governo e non di continue fibrillazioni e decisioni
procrastinate.
D’accordo, quindi, che questa tempesta
vada arginata?
E’ un ragionamento che ho condiviso e che carica sulle nostre spalle ancora
maggiore responsabilità. Proprio perché mai si vive in un contesto slegato da
ciò che ci accade intorno. E, dunque, dare dimostrazione che l’Italia sappia
imboccare la strada giusta per i cittadini rafforzerebbe ancora di più quel
fronte anti-sovranista che noi dobbiamo potenziare.
C’è ancora qualche spiraglio che la
crisi possa essere evitata, secondo lei?
In politica mai nulla è inevitabile e tutto dipende dalla volontà di chi detiene
i perni delle decisioni. Siamo convinti – ma questo il Partito democratico lo
dice da novembre – che il governo debba cambiare passo. E’ una richiesta che
continuiamo a sostenere. Ma, attenzione: cambiare passo. Noi non pensiamo
infatti che si debba cambiare governo. Sono due cose diverse.
Come si articola tale cambio di passo?
Noi abbiamo indicato le nostre priorità in proposito, mettendo al centro le
politiche attive del lavoro e gli investimenti, l’innovazione, la salute, il
sociale e le riforme istituzionali. Sentiamo l’urgenza di inviare nei tempi
previsti il piano del Recovery in Europa, perché è il progetto di futuro
del nostro Paese, sul quale, tra l’altro, abbiamo avanzato le nostre proposte
di integrazione. Ma sentiamo pure la necessità di un solido patto di
legislatura, da cui discenderebbe una solida guida del governo. Un patto
che necessariamente va rivisto, rispetto a quello iniziale, anche perché
questo esecutivo è nato quando ancora la pandemia non c’era.
E il rimpasto non fa parte delle vostre
priorità?
Abbiamo detto che qualora fosse risultato necessario rinforzare la squadra di
governo, non avremmo posto veti. Ma non è una nostra richiesta specifica, al
contrario delle altre due.
Intanto, proprio sul Recovery, Renzi
insite e chiede di potere vedere il documento completo prima di sciogliere le
sue riserve. Lei è soddisfatta delle modifiche apportate rispetto alla prima
bozza?
Esprimo soddisfazione per le modifiche contenute nel Recovery, che abbiamo
contribuito ad apportare. Noi del Pd abbiamo insistito molto su varie
questioni, ma le direttrici principali sono state l’attenzione ai giovani,
l’attenzione al riequilibrio di genere quale fattore chiave di sviluppo ed il
sostegno a lavoro e imprese all’interno di una svolta green. Che è poi uno dei
criteri del Recovery, ma che il Partito democratico sente fortemente suo.
Il leader di Italia viva, da un lato, chiede di accelerare, ma dall’altro
minaccia di ritirare la delegazione dei suoi ministri. Con il Recovery da
approvare, non crede sia in contraddizione?
Non voglio giudicare il comportamento di altri. Il governo è composto da Pd,
M5s, Leu e Italia viva ed io credo che il lavoro possa essere migliore solo se
a portarlo avanti sono queste forze politiche insieme. Un noi versus voi quando
si fa parte dello stesso esecutivo lo trovo un po’ distonico rispetto alla
realtà delle cose. Mi limito solo ad aggiungere un particolare.
Quale?
E’ vero che sul Recovery corretto è uscita inizialmente solo una sintesi,
ma Renzi, che è stato presidente del Consiglio, sa bene che nel momento in cui
si modifica un documento con poste di bilancio così consistenti – stiamo
parlando di 209 miliardi -, poi bisogna far lavorare gli uffici per
riequilibrare tali poste. Comunque, a breve, ci sarà il documento completo nel
quale le indicazioni e le proposte sono state tradotte in progetti e
soprattutto le poste di bilancio sono state riequilibrate.
Dal Colle più alto il messaggio che
arriva è quello di mettere al sicuro il Recovery plan. Condivide?
La ‘moral suasion’ di cui parlano i giornali di oggi, nei messaggi del
presidente Mattarella la ascoltiamo da tempo. Nel suo discorso per i
tradizionali auguri di fine anno si è soffermato proprio sul Recovery e sulla
straordinaria occasione che rappresenta per dare un futuro al nostro Paese e
superare debolezze ataviche che ci frenano. Non mi stupisco, quindi, che, in un
momento in cui sembra dipanarsi una crisi, il capo dello Stato, senza mai
entrare nel vivo della discussione politica, ci ricordi le responsabilità che abbiamo
come classe dirigente. Non va dimenticato che proprio con questo esecutivo
l’Italia è tornata ad essere credibile in Europa. Ecco perché sprecare
un’occasione storica come quella del Recovery sarebbe incomprensibile.
Renzi, insomma, ha ragione nel merito,
ma sbaglia il metodo?
Non mi stupisco che alcuni temi da lui sottolineati siano gli stessi indicati
dal Partito democratico. D’altronde, Renzi era il segretario del Pd e quasi
tutti i parlamentari di Italia viva sono stati eletti tra le fila del Partito
democratico. Credo che insistere sui temi sia stato importante e il Pd lo ha
fatto. Ma non ha mai alzato i toni della comunicazione, consapevole che
l’importante fosse arrivare al risultato.
C’è la stessa sintonia anche sulla
questione della delega ai Servizi segreti?
Il tema della delega è differente da altri. Intanto, sulla base della legge
vigente, la responsabilità è in capo al presidente del Consiglio. Non è un tema
che possa diventare merce politica di scambio. Il presidente del Consiglio può
scegliere a una persona di sua fiducia a cui affidare la delega. Il Pd ha
sottolineato come in un in momento in cui il premier ha così tanto da fare,
forse avere un’autorità delegata potrebbe essere utile. Tutto qui.
Nell’ipotesi di crisi, Conte per voi non
si tocca. Davvero l’unica alternativa rimane il voto?
Noi stiamo lavorando perché si risolva l’impasse e non ci sia il voto. Questo è
il nostro obiettivo. Inoltre, sappiamo che Conte è il punto d’equilibrio
unitario per questa coalizione. Non si possono fare ragionamenti che
prescindono dalle condizioni date.
E quali sono queste condizioni date?
Le condizioni date sono che questa è una coalizione le cui forze in campo hanno
trovato una sintesi nel presidente Conte. Lavoriamo, dunque, perché si riesca a
procedere su questa strada. Non siamo noi che faremmo eventualmente scivolare
il Paese verso l’appuntamento elettorale, perché pensiamo che sarebbe una
eventualità sciagurata.
Vedrebbe di buon occhio l’ingresso dei
leader politici nell’esecutivo? Oggi sempre Bettini ha ribadito che “un governo
più politico è una garanzia per la stabilità dello stesso Conte”.
Il punto posto da Bettini, con saggezza ed equilibrio, è quello dell’importanza
di un rafforzamento politico del governo. Ed è un obiettivo che condivido. Poi,
i modi per rafforzarlo possono essere diversi. Personalmente, credo che un
patto di legislatura sia l’elemento centrale per il futuro dell’esecutivo. A
patto che sia fatto con “disciplina ed onore” da coloro che debbono siglarlo.
Nello spirito cioè che “pacta servanda sunt”.
E come la mettiamo con la distanza che
ormai si è creata tra Renzi e il premier? Non rischia di rendere ancora più
difficile la navigazione di un governo a guida Conte?
In politica c’è sempre un domani…